Ambr. H 50 sup.Intern
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- (ff. 1–55) An. I–III.
Libr. I (ff. 1–17, tit. rubr. ἀριστοτέλους περὶ ψυχῆς α’, nota di chiusura τέλος τῆς α’); II (ff. 17–38, tit. crisogr. ἀριστοτέλους περὶ ψυχῆς β’, inc. ἐπεὶ δὲ τὰ παραδεδομένα περὶ ψυχῆς (sic), expl. παθὼν ταχέως αἰσθητὸς γίνεται); III (ff. 38–55, tit. crisogr. mg. sup. ἀριστοτέλους περὶ ψυχῆς γ’, expl. γλῶτταν δὲ ὅπως σημαίνῃ τί ἑτέρῳ).
Schemi marginali. Scolii marginali, collegati al testo tramite segni di rinvio rubricati in un inchiostro di colore violaceo (inc. mutilo; il primo scolio integro è il quinto, e si legge al f. 1V: ἐκ ποίων ἀρχῶν· ἐπειδὴ ἄλλαι μὲν ἀρχαὶ γεωμετρίας, ἄλλαι δὲ τοῦτο δὴ χαλεπὸν, εἰ καὶ μία τίς ἐστιν ἡ κατὰ πάντων ὁριστικὴ μέθοδος. διὰ τὸ πολύχουν καὶ διάφορον τῶν ἀρχῶν; l’ultimo, al f. 54: τῶν ἁπλῶν· οἷον ἀέρος, ὕδατος, καὶ πυρός). - (ff. 55–75) Sens. (tit. crisogr. mg. sup. ἀριστοτέλους περὶ αἰσθήσεως καὶ αἰσθητῶν,
expl. τῶν δὲ λοιπῶν πρῶτον σκεπτέον περὶ
μνήμης).
Scolii marginali, collegati al testo tramite segni di rinvio rubricati in un inchiostro di colore violaceo, tratti dal commento di Alessandro di Afrodisia (inc. mutilo; il primo scolio integro è il secondo, nell’a. sup. est. del f. 55: τῶν ζωὴν ἐχόντων τῶν φυτῶν λέγει ταῦτα γὰρ, ζωὴν ἔχοντα, οὐκ εἰσὶ ζῶα· ἢ καὶ περὶ τῶν μορίων. οὐ γὰρ ὁ πούς τυχὸν ζῶ ἀλλὰ μόριον ζώου; cf. ed. P. Wendland, CAG III.1, 1901, p. 3,17–24; l’ultimo scolio, al f. 75: ὧν ἀπηριθμήσατο). - (ff. 75V–81V r. 21) Mem. (tit. crisogr. ἀριστοτέλους περὶ μνήμης καὶ ἀναμνήσεως,
expl. διὰ τίν’ αἰτίαν εἴρηται [sic]).
Scolii marginali, collegati al testo tramite segni di rinvio rubricati in un inchiostro di colore violaceo (il primo inc. τὸ μὴ γινώσκειν τίνα εἰσὶ μνημονευτὸν εἰσὶ δὲ μνημονευτὸν τὰ τοῦ παρεληλυθότος χρόνος. τὰ γὰρ τοῦ μέλλοντος..., l’ultimo inc. τὸ πᾶθος τὸ ἐν τῇ ἀναμήσει καὶ ταῖς ὀργαῖς καὶ τοῖς φόβοις ἔοικε τοῖς μέλεσι καὶ τοῖς λόγοις...); schemi marginali (f. 80V). - (ff. 81V r. 21–89V) Somn. Vig. (senza tit.).
Scolii marginali, collegati al testo tramite segni di rinvio rubricati in un inchiostro di colore violaceo (il primo inc. ἔσχατα λέγει τὰ ἀντικείμενα οἷον τὰ ἐναντία; l’ultimo inc. τῶν συντηρούντων καὶ σωζόντων αὐτό. τοιοῦτο δὲ ἐστι ἡ τροφὴ· ταύτης δὲ γινομένης καὶ καταρτιζομένης), forse basati sul comm. di Michele di Efeso. - (ff. 89V–96 r. 21) Insomn. (tit. crisogr. Ἀριστοτέλους περὶ ἐνυπνίων καὶ τῆς καθ’ ὕπνον
μαντικῆς). Scolii e glosse interlineari.
Scolii marginali, collegati al testo tramite segni di rinvio rubricati in un inchiostro di colore violaceo (il primo inc. ὥσπερ γὰρ αἰσθανόμενοι λευκοῦ τυχὸν ἐγρηγορότες οὐ μόνον αἰσθανόμεθα τοῦ λευκοῦ, l’ultimo inc. ἀληθεῖς ἐννοίας λέγει, τ[…] ἐν τῶ ὕπνω ἐπικρίσεις). - (ff. 96 r. 22–99V) Div.
Somn. (tit. aggiunto in mg. μαντικὴ καθ’ ὕπνον, expl. περὶ δὲ κινήσεως τῆς κοινῆς τῶν ζῴων
λεκτέον).
Scolii marginali, collegati al testo tramite segni di rinvio rubricati in un inchiostro di colore violaceo (il primo inc. διὰ τὸ ἀπὸ ἐμπειρίας τῶν πολλῶν ἢ καὶ πάντων ἔχειν τι σημειῶδες, l’ultimo κρίνειν ὁ τὰς ὁμοιοτήτας δυνάμενος κρίνειν). - (ff. 99V–110) Mot. An.
(tit. crisogr. Ἀριστοτέλους περὶ ζῴων κινήσεως, expl. καὶ τῆς κοινῆς κινήσεως, εἴρηται· λοιπὸν δὲ
καὶ περὶ γενέσεως εἰπεῖν).
Scolii marginali, collegati al testo tramite segni di rinvio rubricati in un inchiostro di colore violaceo (il primo inc. ἡ ὀρεκτικὴ τῆς ψυχῆς δύναμις καὶ ἡ ὀρμητικὴ συνυπάρχουσιν, l’ultimo inc. ἡ γὰρ κίνησις τῶν δεξιῶν ἐπὶ τὰ ἀριστερά), tratti dal comm. di Michele di Efeso. - (ff. 110–114V) Long.
(tit. crisogr. Ἀριστοτέλους περὶ μακροβιότητος καὶ
βραχυβιότητος· καὶ ἀναπνοῆς καὶ ζωῆς καὶ θανάτου, expl. ἡ περὶ τῶν
ζῴων ἔχη μέθοδος). Scolii marginali (il primo inc. ἀντὶ τοῦ ἐπικοινωνεῖ).
- (ff. 119 r. 16–135V) Respir. (senza tit.).
Scolii marginali. - (ff. 135V–149V) Col. (tit. crisogr. Ἀριστοτέλους περὶ χρωμάτων).
Il testo è accompagnato da Michele di Efeso, comm. in Col. (ff. 135V–148), senza tit. e sotto forma di scolii marginali. Ed. Papari 2013, p. 1–14. - Alla fine vi sono una subscriptio erasa, in forma di monocondilio, e il
computo dei fogli contenuti nel ms. (vd. infra).
-
Leer
ff. IIv–IIIv, I’r.
Il codice è uno degli esemplari più antichi in cui An. sia accostato a Parva naturalia. È senz’altro un suo apografo il ms. Vindob. phil. gr. 134 , cartaceo del sec. XV, copiato da Teodoro Gaza e appartenuto a Francesco Filelfo: contiene esattamente la stessa silloge di opere aristoteliche, nel medesimo ordine, ed è stato dimostrato stemmaticamente dipendente dall’Ambr. per An., Insomn. e Col.
An.: È il più antico testimone del gruppo ν (Siwek). Da esso è derivato, anche se forse indirettamente, il ms. Vindob. phil. gr. 134 (Ud).
Sens. + Mem.: Appartiene alla famiglia β, ramo ρ, ed è gemello del Par. gr. 2034: entrambi sono apografi dal perduto esemplare σ. Presenta punti di contatto, soprattutto nella seconda parte di Sens., con il Par. gr. 1921.
Insomn.: Apografo del perduto esemplare λ. Sono suoi apografi il ms. Vat. gr. 1334 (per la sezione aristotelica copiato attorno al 1440–1443 da Teodoro Gaza per Francesco Filelfo e il ms. Vindob. phil. gr. 134, anch’esso appartenuto al Filelfo e copiato da Gaza. Gli scolii sono stati ereditati solo dal Vat. gr. 1334.
Mot. An.: Appartiene alla famiglia β, con i codd. Vat. gr. 1339, Laur. 81.1 e Marc. gr. Z. 214. Nussbaum lo assegna alla famiglia b2, insieme al Marciano e al Vat. gr. 253, che sono un po’ più tardi, ma hanno lezioni migliori. Molto probabilmente è stato usato dall’Anonymus Aristotelicus (alias Malachia) nel terzo quarto del sec. XIV per copiare Mot. An. nel Par. gr. 1921 e nel Par. Coisl. 166, anche se non è chiaro se questi apografi siano diretti o se piuttosto siano stati tratti da un perduto esemplare intermedio, revisionato con un altro esemplare. Se la derivazione fosse diretta si potrebbe desumere che il ms. Ambr. all’epoca si trovasse a Costantinopoli.
Long./Juv.: Gli estratti nel ms. Oxon. Barocci 131 probabilmente dipendono dagli scolii dell’Ambrosiano (Wiesner 1981, p. 134).
Col.: Modello del Vindob. phil. gr. 134, cartaceo del sec. XV, copiato da Teodoro Gaza e appartenuto a Francesco Filelfo.
Comm. Col.: Il commentario di Michele di Efeso a Col. è tramandato da quattro manoscritti, di cui l’Ambrosiano è il più antico, nonché l’unico a recare anche il testo dell’opuscolo aristotelico. Gli altri tre testimoni sono recenziori, tutti realizzati a Padova nella seconda metà del sec. XVI: l’Ambr. D 474 inf., copiato da Camillo Zanetti e revisionato da Pinelli, è stato esemplato sul ms. Ambr., che probabilmente Pinelli ebbe in prestito da Ottaviano Ferrari; gli altri due codici sono a loro volta copie del pinelliano: l’Ambr. C 233 inf. appartenuto a Girolamo Mercuriale e il Vat. Barb. gr. 84 di Teodoro Rendio, che lo copiò per la propria biblioteca e poi lo lasciò in eredità all’allievo Costantino Patrizio. Anche la traduzione latina di Massimo Margunio fu realizzata sul ms. Ambr. D 474 inf. (Papari 2013, p. 20).
Physische Beschaffenheit
Beschreibstoff
Pergamena di ottima qualità, sottile, di colore omogeneo e senza irregolarità; cartacei i ff. II–III (in quarto).
Wasserzeichen
- ff. II–III: mano sormontata da un fiore a sei petali, senza precisi riscontri nei repertori (la forma della mano è simile a Briquet 10698, che però è priva del fiore; quest’ultimo è invece simile a quello che accompagna una mano di diversa morfologia nel f. I’ del ms. Ambr. C 111 sup.).
Format
240 × 180 mm
Folienzahl
ff. I–II, 151, I.
Foliierung
Foliotazione in inchiostro bruno nell’a. inf. est. di ogni recto (sec. XVex?) 1–148 (il nr. 149 è caduto in lacuna), con l’omissione dei ff. 13a e 16a. Questa antica numerazione è affiancata e integrata da una più recente foliotazione a matita (sec. XIXex), anch’essa posta nel mg. inf., che segna anche i ff. 13a, 16a, 149, le guardie anteriori (I–III) e, nell’a. sup. est., la guardia posteriore (I).
Lagen
1 × 2 (controg., I), 1 × 2 (f. III), 17 × 8 (f. 134, con f. 13a e f. 16a), 1 × 7 (f. 141; quaternione privato del terzo foglio, senza perdita di testo), 1 × 8 (f. 149), 1 × 2 (I, controg.).
I fascicoli si affrontano al lato carne e la legge di Gregory è rispettata, con la sola eccezione dei ff. 136–137 (PCPC), comunque entrambi molto chiari e di colore omogeneo.
Lagensignierung
Regolare segnatura in cifre greche nell’a. inf. est. di ogni primo foglio recto, da β’ (f. 9) a ιθ’ (f. 142), parzialmente rifilata o evanida (si conservano anche δ’: f. 23, ε’: f. 31, ς’: f. 39, ζ’: f. 47, θ’: f. 63, ι’: f. 71, ιγ’: f. 95, ιδ’: f. 103, ις’: f. 119), apposta dal copista prima che fossero vergati gli scolii.
Tracce di una più recente segnatura in cifre greche al centro del mg. inf. di ogni primo foglio recto, quasi del tutto evanida: f. 31: ε’, f. 63: θ’, f. 71: ι’, f. 87: ιβ’, f. 95: ιγ’, f. 103: ιδ’, f. 119: ις’, f. 127: ιζ’.
La mano che appose la foliotazione in cifre arabe segnò anche i fascicoli al centro del mg. inf. dell’ultimo foglio verso, da 1 (f. 8V) a 18 (f. 141V), commettendo forse qualche errore (f. 63V: ‘8’, f. 95V: ‘12’, f. 135V: ‘17’).
Anzahl der Linien
24 ll.
Liniierung
ff. 1–149: A punta secca, applicata solo sul lato pelo un bifoglio per volta, tipo Leroy–Sautel 32C1, con specchio di scrittura di 165 × 115 mm e interlinea di 7/8 mm, molto regolare.
Kopist
A. stesso copista che ha vergato la maggior parte di Cael. nel ms. Ambr. M 46 sup. (ff. 156–233V), e che presenta forti somiglianze con la prima mano del ms. Vinodob. Theol. gr. 19 (id. Prato 1991). La stessa mano si riscontra anche nel ms. Laur. Plut. 87.12, ff. 1–456 (id. Harlfinger apud Moraux 1976).
Lo scriba forse lasciò alla fine della trascrizione un monocondilio, purtroppo ora illeggibile.
Probabilmente di sua mano, anche se vergati in una grafia meno formale, gli scolii aggiunti nei margini dell’intero manoscritto.
a. schemi e annotazioni aggiunti nel mg. sup. dei ff. 2, 7, 47V, 52RV da una mano del sec. XIV.
b. Note di collazione a Col., p.es. f. 140.
c. una mano occidentale della prima metà del sec. XV (Papari) aggiunse il pinax del volume nel f. Iv e risarcì il titolo, caduto in lacuna, nel f. 1r.
d. una mano occidentale aggiunse il titolo nel mg. del f. 96.
e. una mano occidentale (sec. XVI?) pose un notabile nel f. 5V: ἐμπεδοκλῆς.
Illumination
Importante apparato decorativo in oro, costituito da greche ornate, due ordini di lettere incipitarie, e titoli (in capitale solo nei ff. 17, 114V, 135V).
La decorazione fu aggiunta nel codice successivamente alla trascrizione del testo e in An. sembra sovrapporsi a una precedente ornamentazione in inchiostro rosso, ancora visibile al f. 1, dove vi sono una fascia ornata e un capolettera: la pagina di apertura forse non è stata decorata in oro perché il foglio era già danneggiato da uno strappo. Tracce della decorazione in rosso si scorgono anche nel f. 38; nel f. 55 una spessa greca ornata in oro e blu sembra essere stata inserita appositamente per obliterare una riga di testo precedente, forse un titolo.
Die Titelleisten auf f. 38r und f. 55r verdecken ehemalige Überschriften: auf f. 38r lässt sich vor dem Beginn von An. III noch ein ursprünglicher Titel Περὶ αἰσθήσεως καὶ αἰσθητῶν ausmachen. Wahrscheinlich waren die 7. und 9. Lage vor der Bindung vertauscht und eine erste Rubrizierung noch in ungebundenem Zustand vorgenommen worden. Der Fehler wurde vor bzw. bei der Bindung bemerkt, die richtige Reihenfolge der Hefte hergestellt, die fehlerhaften Titel durch Zierleisten übermalt und am oberen Rand ersetzt. [LK]
Einband
Legatura occidentale alla greca, della seconda metà del sec. XV (ca. 1470 secondo Papari), con assi coperte di pelle docorata con cornici concentirche e motivi geometrici, impressi a caldo. Dorso a quattro nervi doppi, leggermente rilevati, con capitelli semplici in pelle allumata rivestiti di filo bicromo, senza cuffie e con una leggera unghiatura.
Tracce di fermagli di chiusura metallici, di forma trilobata, non conservati, ma la cui impronta è ben visibile sul piatto posteriore; a essi corrispondono bindelle in raso rosso fissate in appostite scalantaure nel piatto anteriore. Controguardie coeve membranacee (quella anteriore è solidale con il f. I).
Erhaltungszustand
Buono stato di conservazione grazie al restauro umanistico. Permangono macchie di umidità in alcuni fogli (cf. e.g. ff. 9, 28–29, 55–70, 80–85, 142–148). La legatura è leggermente tarlata.
Geschichte
Datierung
sec. XIIex.
Entstehung
Il ms. si presenta sostanzialmente nella sua forma originale, come si desume dal computo dei fogli (150, o forse 151) apposto dallo scriba al termine della trascrizione: ‘φύλλ ρν’, forse preceduto da ἔχει e forse seguito da un α’.
Il ms. è stato sottoposto a restauro in età umanistica, prima che giungesse nelle mani di Pietro Rasario, la cui nota di possesso è posta su un frammento di pergamena usato per restaurare il ms. antico. Oltre alla ricostruzione parziale di alcuni fogli gravemente mutilati (come il f. 1), sono stati restaurati alcuni strappi (f. 134).
Provenienz
Il codice fu realizzato nell’ultimo quarto del sec. XII a Costantinopoli dallo stesso copista dell’Ambr. M 46 sup. e del Laur. Plut. 87.12, e come l’altro Ambrosiano è un prodotto di lusso, vergato da un eseperto calligrafo su fine pergamena e decorato in oro. All’area costantinopolitana rimanda anche il codice Marc. gr. 214, per Mot. An. testualmente affine all’Ambr., prodotto nella capitale nel XIII/XIV sec. Ancora a Costantinopoli si trovava alla fine del Trecento, quando fu usato da Malachia per la duplice trascrizione della medesima opera. Purtroppo non è decifrabile il monocondilio al f. 149V, parzialmente cancellato per abrasione, che avrebbe potuto fornire qualche informazione ulteriore sull’origine del manoscritto.
Ignote sono le circostanze del passaggio in Italia, ma esso si deve collocare non più tardi del 1440–1445, quando Teodoro Gaza ne trasse due copie per Francesco Filelfo.
Al sec. XV e all’area occidentale risale anche una nota di possesso, ora erasa, posta nel mg. sup. del f. Ir, solo parzialmente leggibile con la lampada di Wood: ‘Ioannis […]aris καὶ τῶν φ[ίλων]’ (non condivido la lettura, comunque non perspicua, di Papari 2013: ‘Ioanne … Jevvotiam καὶ τῶν φίλων’). Dal tratteggio delle lettere meglio conservatesi (fra cui un caratteristico tau con il tratto verticale discendente sotto il rigo e raddoppiato) mi sembra che questo ex libris sia perfettamente sovrapponibile a quello, similmente abraso, che si trova nel f. 1r del ms. aristotelico Oxon. Barocci 79. Resta da scoprire chi sia questo Giovanni interessato ad Aristotele.
In una nota evanida al f. 1, a. sup. est., si riconosce chiaramente il nome ‘Rasarius’ seguito da un segno simile a una ‘L’: una nota del tutto analoga, apposta dalla medesima mano, ricorre su uno dei fogli liminari dell’Aldina di Aristofane dell’Ambrosiana segnata Inc. 1208, appartenuta a Pietro Rasario (così secondo una annotazione di Antonio Olgiati: ‘Codex hic fuit Petri Rasarij viri doctissimi, a me autem Olgiato iussu Ill.mi Card. Federici Borrh. Ambros.ae Biblioth. fundatoris fuit emptus ab Haeredibus Caesaris Rovidj’; cf. Colombo, p. 24). Meno stringente è il confronto paleografico con una nota simile apposta da un altro ‘Rasarius’, che E. Sciarra ha identificato in Giovanni Battista Rasario (1517–1578), sull’esemplare marciano dell’Aldina di Aristotele segnato Aldine 113, a c. A1r (si veda l’Archivio dei possessori on–line: Rasario, Giovanni Battista). Il personaggio è probabilmente da identificare con il Pietro Rasario ‘prefectus militum’ che nel 1587, mentre si trovava a Verona, donò a Federico Ceruti il codice di Livio Voss. lat. F. 66, già appartenuto al Filelfo. Si tratta con ogni probabilità del fratello di Giovanni Battista Rasario, al quale sopravvisse e di cui non è escluso avesse ereditato la biblioteca.
Come l’incunabolo ambrosiano appartenuto a Pietro Rasario, il ms. fu acquistato per l’Ambrosiana dagli eredi di Cesare Rovida (controg. ant., a. sup. est.: ‘A Rovidio’). Fra l’uno e l’altro appartenne a Ottaviano Ferrari, il cui ex libris evanido è ripetuto due volte nel f. Ir: nella prima occorrenza si legge abbastanza chiaramente ‘Octaviani Ferrari’, nella seconda, posto subito dopo una nota aggiunta da un bibliotecario ambrosiano, si legge solo ‘Octaviani’.
Una nota erasa di mano cinquecentesca si trova nel f. I’v, accompagnata da alcuni svolazzi; probabilmente la stessa mano pose sulla controguardia posteriore la nota ‘2β’ (?).
In Ambrosiana il codice è registrato fin dal catalogo manoscritto realizzato tra il 1608 e il 1609 (vd. Turco 2004, Nr. 136), ed ebbe precedente segnatura ‘N 5’ (Pasini 2005).
Reproduktionen und Digitalisate
- Ambr. H 50 sup. (digitalizzazione integrale).
- Escobar 1990, tav. 14 (f. 89v).
- Prato 1991, p. 81 tav. 1b (f. 30r) [=Prato 1994, tav. 2)].
- Cavallo 2000, tav. 20a (f. 8r).
- Papari 2013, p. 186 tav. I (f. 135v), p. 187 tav. II (f. 138r), p. 188 tav. III (f. 141r), 193 tav. VIII (f. 138v).
Bibliographie
Kat.
- E. Martini – D. Bassi, Catalogus codicum graecorum Bibliothecae Ambrosianae, Milano 1906, p. 525–526 Nr. 435.
Kod.
- P. Moraux, Aristoteles Graecus, I: Alexandrien–London, Berlin–New York 1976: p. 485 (secondo Harlfinger il copista è lo stesso dell’Ambr. M 46 sup. e dei ff. 1–456 del Laur. plut. 87.12).
- P. Canart – L. Perria, Les écritures livresques des XI et XII siècles, in D. Harlfinger–G. Prato, Paleografia e codicologia greca (Atti del II Colloquio internazionale Berlino–Wolfenbüttel, 17–20 ottobre 1983), Alessandria 1991, p. 67–116: p. 96 n. 97 (secondo Harlfinger gli Ambr. H 50 sup., M 46 sup. e i ff. 1–456 del Laur. Plut. 87.12 sono copiati dalla stessa mano); p. 96 (descrizione della scrittura del laurenziano: Fettaugen–Mode barocca, ma disciplinata, databile alla seconda metà del sec. XII).
- G. Prato, I manoscritti greci dei secoli XIII e XIV: note paleografiche, in D. Harlfinger–G. Prato, Paleografia e codicologia greca (Atti del II Colloquio internazionale Berlino–Wolfenbüttel, 17–20 ottobre 1983), Alessandria, 1991, p. 131–149 (rist. in Idem, Studi di paleografia greca, Spoleto 1994, p. 115–131): p. 136 (stessa mano della seconda parte del ms. M 46 sup.: ‘sull’identità non v’è alcun dubbio: basti considerare, tra le caratteristiche più evidenti, l’alpha col nucleo stretto e allungato, o tau – e anche phi – che si legano alla lettera successiva dopo aver descritto un occhiello in basso’).
- G. Cavallo, Scritture informali, cambio grafico e pratiche librarie a Bisanzio tra i secoli XI e XII, in I manoscritti greci tra riflessione e dibattito. Atti del V Colloquio internazionale di paleografia greca (Cremona, 4–10 ottobre 1998), Firenze 2000, p. 219–238: p. 232 (scrittura informale ricca di elementi burocratici, del sec. XII; la stessa mano si trova nella seconda parte del ms. Ambr. M 46 sup.).
- C. Pasini, Giovanni Donato Ferrari e i manoscritti greci dell’Ambrosiana (con note su Francesco Bernardino e Ottavio Ferrari e sui manoscritti di Ottaviano Ferrari all’Ambrosiana), in Nea Rhome, 1 (2004), p. 351–386: p. 355 n. 15 (ex libris di Ottaviano Ferrari), 356 n. 18 (provenienza da C. Rovida registrata nel ms. da Antonio Olgiati nella forma ‘a Rovidio’).
- G. Turco, Un antico elenco di manoscritti greci ambrosiani. L’Ambr. X 289 inf., ff. 110–141, in C. Mazzucchi–C. Pasini, Nuove ricerche sui manoscritti greci dell’Ambrosiana, Biblioteca Erudita. Studi e Documenti di Storia e Filologia 24, Milano, Vita e pensiero, 2004, p. 79–144: p. 116 Nr. 136.
- C. Pasini, Il progetto biblioteconomico di Federico, in Studia Borromaica 19, 2005, p. 247–279: p. 251 n. 13 (‘N 5’).
Text.
- A. Förster, Aristotelis De anima libri tres, Budapestini 1912: p. XIII–XIV (collazionato per l’ed., con siglum X; ‘codex optime scriptus, multis scholiis instructus a manu simillima eiusdem aetatis quae etiam in contextu multa correxit (X2). Occurrunt praeterea correcturae admodum recentes (X3)’); p. XVII–XVIII (insieme ai codd. S [=Laur. 81.01] U [=Vat. gr. 260] e V [Vat. gr. 266] appartiene alla famiglia b, sottofamiglia b1)
- H.D. Saffrey, Une brillante conjecture de saint Albert et la recensio nova du De anima, in Revue des sciences philosophiques et theologiques, 40 (1956), p. 255–263: p. 257 (un errore in un passo della traduzione al De anima di Jacobus Veneticus, del sec. XII, ben si spiega con una corruttela del testo greco che si ritrova, stando alle edizioni, solo nel ms. Ambr. e nel Coisl. 386, dove però è stata corretta da una mano posteriore).
- P. Siwek, Le De anima d’Aristote dans les manuscrits grecs, Città del Vaticano 1965 (testimone più antico della famiglia ν, da cui direttamente o indirettamente discendono gli altri; l’unico apografo, il cui testo riflette però la collazione anche con un altro esemplare, è Ud [= Vindob. phil. gr. 134]).
- A. Jannone, Aristote. De l’âme, Paris 1966: p. XXVIII (il ms. Laur. plut. 87.20, del sec. XIV, è strettamente imparentato con l’Ambr.; il ms. non è usato nell’edizione).
- R. Mugnier, Les manuscrits des Parva naturalia d’Aristote, in Mélanges offerts à A.–M. Desrousseaux, Paris 1937, p. 327–333: p. 327 (testo trasmesso da cinquanta mss.), p. 330 (siglum X; membr., sec. XII, contiene Parva naturalia nei ff. 55r–135v; appartenuto a ‘Octavio Ferrari, puis à Rovidio’), p. 333 (non è possibile dire a quale delle due famiglie appartenga perché non è ancora stato collazionato).
- R. Mugnier, La filiation des manuscrits des Parva Naturalia d’Aristote, in Revue de Philologie, 26 (1952), 36–46 (p. 42: siglum X erroneamente assegnato al ms. Ambr. A 164 sup., il quale però a p. 44 ha il siglum ‘u’; forse non collazionato).
- W.D. Ross, Aristotle. Parva naturalia, Oxford 1955.
- P. Siwek, Les manuscrits grecs des Parva naturalia d’Aristote, Roma 1961, p. 23–24 (ms. X, appartiene alla famiglia α), p. 30, p. 41 (Ud deriva da X), p. 143 (stemma).
- P. Siwek, Aristotelis Parva naturalia, Graece et Latine, Roma 1963, p. XVII–XVIII (ms. X, appartiene alla famiglia α).
- J. Wiesner, Zu den Scholien der Parva Naturalia des Aristoteles, in Praktika Pankosmiu Synedriu ‘Aristotelēs’ (Thessalonike, 7– 4 Augustu 1978) / Proceedings of the World Congress on Aristotle (Thessaloniki, August 7–14, 1978), I, Athen 1981, p. 233–237. [non consultato!]
- A. Förster, Aristotelis De sensu et De memoria Libri, Budapestini 1942, p. VIII (siglum X; sec. XII–XIII, contiene tutti i PN, Sens. e Mem.; ‘librum codici L simillimum a Bekkero in libris de Anima adhibitum, hic spretum, totum contuli, ut hoc memoriae genus quam fidissime patefiat’).
- D. Bloch, Alexander of Aphrodisias as a Textual Witness. The Commentary on the De Sensu, in Cahiers de l’Institut du Moyen–Âge Grec et Latin, 74 (2003), p. 21–38: p. 22 (scolii marginali e interlineari tratti dal commento di Alessandro).
- D. Bloch, The Manuscripts of the De sensu and the De memoria. Preliminary Texts and Full Collations, in Chaiers de l’Institut du Moyen-Âge grec et latin, 75 (2004), p. 7–119 (collazione del ms.).
- D. Bloch, Aristotle on Memory and Recollection. Text, Interpretation, and Reception in Western Scholasticism, Leiden-Boston, 2007: p. 5–6 (siglum X, sec. XII–XIII; insieme a L e Ha è uno dei testimoni della famiglia β, ramo ρ, ma indipendente da essi).
- D. Bloch, The Text of Aristotle’s De sensu and De memoria, in Revue d’histoire des textes, n.s., 3 (2008), p. 1–58: p. 2–4 (ms. X, sec. XII–XIII; famiglia β, ramo ρ; gemello del Par. gr. 2034); p. 16 (usato per la prima volta da Förster), p. 18 (‘X often agrees in error with m. This is especially true for the De sensu’), p. 19 (è una buona copia del testo, anche se lo scriba, a dispetto della bella grafia utilizzata, compie parecchi errori; tendenzialmente privo di contaminazione); p. 20 (corretto da uno scriba coevo, denominato X2, probabilmente sulla base di un antenato di m [= Par. gr. 1921]; rare tracce di contaminazione con il commento di Alessandro di Afrodisia); p. 40 (numerosi punti di contatto con m, soprattutto nella seconda parte di Sens.); p. 58 (stemma codicum).
- P. Isépy – Ch. Prapa, Der Codex Berolinensis Phillippicus 1507: Nachfahre eines unabhängigen Zweiges der Aristoteles-Überlieferung? Eine kodikologisch-paläographische, stemmatische und textkritische Untersuchung am Beispiel von Aristoteles, Sens. und Mem., in Revue d’histoire des textes, n.s., 13 (2018), p. 1–58: p. 32–33 (siglum X; apografo di σ, dal quale deriva anche il ms. Par. gr. 2034).
- A. Escobar, Die Textgeschichte der Aristotelischen Schrift ΠΕΡΙ ΕΝΥΠΝΙΩΝ: ein Beitrag zur Überlieferungsgeschichte der Parva Naturalia, Dissertation, Berlin 1990: p. 53 (descrizione), p. 130 n. 2 (una mano simile si trova nel ms. Laur. Plut. 87.12), p. 131 n. 1 (il testo degli scolii dell’Ambrosiano costituisce un gruppo a sé insieme al Vindob. 1334, che è un suo apografo), p. 131 (alcuni scolii sono tratti dal commento di Michele di Efeso, come quello nel f. 90r a destra, corrispondente a P. Wendland, CAG, XII.1, 1903, p. 63,3ss), p. 132 (dall’Ambr. derivano il Vat. gr. 1334 e il Vindob. phil. gr. 134; il Vat. ne trae anche gli scolii, di cui però non sempre conserva l’ordine; realizzato a Costantinopoli negli anni ’20 [ma si veda la citata scheda online di D. Speranzi]), p. 134 (Vindob. appartenuto a Francesco Filelfo, con marginali latini di Giovanni Gioviano Pontano; lezioni simili esibite anche dal Vindob. phil. gr. 157, che è una copia del Vind. phil. gr. 134); p. 188 (il commento di Michele di Efeso fu basato su un ms. simile a λ, contenente più varianti; oppure su un ms. tipo λ e su un altro ms. del ramo α), p. 205 (stemma codicum).
- L. Torraca, De motu animalium, Napoli 1958: p. 5–6 (uno dei cinque codici su cui è stato costituito il testo; siglum X; ignoto agli editori precedenti; sec. XII o XIII, in media 24 linee per pagina; scrittura minuscola precisa ed elegante; maiuscole ornate e dorate nei margini; frequenti abbreviazioni; ‘scritti dalla stessa mano sono numerosi scolii marginali e glosse interlineari di scarso interesse. Il copista è diligente e attento’); p. 7 (appartiene alla famiglia β con i codd. P [Vat. gr. 1339] e S [Laur. 81.01], ritenuta migliore della famiglia α, rappresentata da E [Par. gr. 1853] e Y [Vat. gr. 261]); p. 8 (in un passo conferma il testo tramandato dalla traduzione latina di Niccolò Leonico Tomeo); p. 13–26 (ed.).
- P. Louis, Aristote. Marche des animaux. Mouvement des animaux. Index des traités biologiques, Paris 1973: p. 46–49 (trad. ms.); p. 46 (testo trasmesso da 46 testimoni, uno dei quali frammentario); p. 47 (siglum X, uno dei testimoni più antichi, sec. XII–XIII; uno dei testimoni migliori della famiglia β, insieme a Laur. 81.01, Marc. gr. Z. 214, Vat. gr. 1339); p. 48–49 (preferenza accordata alla famiglia α; Ambrosiano utilizzato non sistematicamente, ma ‘accessoirement’ per la constitutio textus); p. 52–69 (ed.).
- M. C. Nussbaum, The Text of Aristotle’s De Motu Animalium, in Harvard Studies in Classical Philology, 80 (1976), p. 111–159: p. 125–126 (appartiene al gruppo b2, insieme a Ha e L; è il più antico del gruppo, ma testualmente peggiore; i tre codici sono indipendenti l’uno dall’altro).
- M. C. Nussbaum, Aristotle’s De motu animalium. Text with Translation, Commentary, and Interpretative Essays, Princeton 1978: p. 14–17 (siglum X, sec. XII–XIII; già collazionato da Torraca per Mot. An.; affine ai mss. Marc. gr. Z. 214 e Vat. gr. 253, che sono un po’ più tardi, ma hanno lezioni migliori, con cui costituisce la famiglia b2: tutti e tre derivano indipendentemente da un antenato comune).
- F. Berger, Die Textgeschichte der ‘Historia Animalium’ des Aristoteles, Wiesbaden 2005: p. 144 (forse usato come modello dall’Anonymus Aristotelicus per copiare Mot. An. nel Par. gr. 1921 nel terzo quarto del sec. XIV).
- P. Isépy, Zur mittelaterlichen Überlieferung von Aristoteles’ De motu animalium: die Bedeutung der Übersetzung Wilhelms von Moerbeke und der Paraphrase Alberts des Grossen für die griechische Texttradition, Wiesbaden 2016: p. 23 (sec. XII, siglum X), p. 25–26 (aggiunto allo stemma codicum da Torraca; appartiene al ramo β, ha un testo affine al Marciano Ha, ma migliore: entrambi derivano da un comune antenato perduto), p. 27 (secondo Nussbaum appartiene al ramo b2 della famiglia β, qui ribattezzato ramo θ), p. 62 (i codd. Parigini gr. 1921 e Coisl. 166, copiati da Malachia nel terzo quarto del sec. XIV, appartengono al gruppo θ e sono con grande probabilità apografi di X, da cui forse derivano tramite un esemplare intermedio revisionato con un altro manoscritto), p. 97, 125 e 235 (stemmata).
- Aristotle, De Motu Animalium. Proceedings of the XIX. Symposium Aristotelicum, With an Edition of the Greek Text and an English Translation, Oxford: Oxford University Press (editor together with Oliver Primavesi) (in print)
- O. Primavesi, Aristoteles, De motu animalium. Ein neues Bild der Überlieferung und ein neuer Text, in preparazione
- D. Harlfinger, Griechische Kodikologie und Textüberlieferung, Darmstadt 1980, p. 475 n. 24 (id. del comm. di Michele di Efeso a Col., allora inedito, trasmesso dal ms. Ambrosiano e da tre mss. del sec. XVI: Ambr. C 233–234 inf., Ambr. D 474.2 inf. e Vat. Barb. gr. 84; privo del nome dell’autore e del titolo).
- M.F. Ferrini, Pseudo-Aristotele. I colori. Edizione critica, traduzione e commento, Pisa 1999: p. 14 n. 6 (contiene il comm. di Michele di Efeso in forma anomima, già indentificato da Harlfinger; gli altri testimoni sono gli Ambr. C 233–234 inf., D 474.2 inf., e Vat. Barb. gr. 84; tradotto in latino da Massimo Margunio), p. 15 (testo greco pubblicato per la prima volta nell’Aldina di Aristotele), p. 15 n. 10 (la traduzione di Margunio comprende il comm. di Michele, ed è esplicitamente tratta da un ms. pinelliano; l’Ambr. D 474.2 inf. è pinelliano, ma trasmette il commento adespoto), p. 47 (ms. X), p. 52 (modello del Vindob. phil. gr. 134, cartaceo del sec. XV; è probabilmente dell’inizio del sec. XIII; scolii interlineari e glosse marginali della stessa epoca, e correzioni che sembrano della stessa mano; usato per l’ed.).
- V. Papari, Der Kommentar des Michael von Ephesos zur ps.–aristotelischen Schrift De coloribus / Περὶ χρωμάτων. Editio princeps, Diss. Hamburg 2013 (ed. Online): p. 11 (antiche segnature ‘N 5’, ‘N 10’; sec. XII–XIII, membr. tranne i ff. II–III; fascicoli affrontati al lato pelo; struttura dei fascioli e segnatura di mano dello scriba; codice gemello dell’Ambr. M 46 sup.: i due codici si assomigliano per decorazione, titoli, colori, scrittura e uso dell’oro; scritti nell’ultimo quarto del sec. XII o nel primo del XIII), p. 12 (stesso copista del M 46 sup. e del Laur. 87.12; marginali o della stessa mano o almeno della stessa epoca; annotatori), p. 17 (gli scolii sono stati scritti da uno scriba professionista, traendoli da un ms. che conteneva solo quelli), p. 20 (Ambr. D 474 inf. è suo apografo).
An.
Parva naturalia
Sens. et Mem.
Insomn.
Mot. An
Col.
Weitere Sekundärliteratur
- R. Stefec, Die Handschriften der Sophistenviten Philostrats, in Römische historische Mitteilungen, 56 (2014), p. 137–206 (id. mano di Teodoro Gaza nel Vindob. Phil. gr. 134).
- S. Martinelli Tempesta – D. Speranzi, Verso una ricostruzione della biblioteca greca di Francesco Filelfo. Un elenco di codici, in S. Fiaschi, Filelfo, le Marche, l’Europa. Convegno internazionale (12–13 aprile 2016), Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2018, p. 181–212: p. 205 (il Vindob. Phil. gr. 134 è scritto da Teodoro Gaza [id. Stefec 2014] e appartenuto a Francesco Filelfo).
- L. Orlandi, Baldassar Migliavacca lettore e possessore di codici greci, in Studi medievali e umanistici, 12 (2014), p. 141–195: p. 147–149, 191–192 (su Giovambattista Rasario).
- A. Colombo, Visita guidata al fondo incunaboli dell’Ambrosiana (ed. online).
Quelle
- E. Gamba, autopsia, luglio 2020.
Zitierhinweis
Mailand, Biblioteca Ambrosiana, Ambr. H 050 sup., in: CAGB digital, hg. v. Commentaria in Aristotelem Graeca et Byzantina. Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften. URL: https://cagb-digital.de/id/cagb8045046 (aufgerufen am 18.4.2024).
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Ambr. C 111 sup. Ambr. C 233 inf. Ambr. C 233–234 Ambr. D 474 inf. (2) Ambr. D 474.2 inf. Ambr. M 46 sup. (3) D 474.2 inf. Laur. 81.1 Laur. 87.12 Laur. 87.20 Laur. Plut. 87.12 (2) Marc. gr. 214 Marc. gr. Z. 214 Oxon. Bar. 131 Oxon. Barocci 131 Oxon. Barocci 79 Par. 2034 Par. Coisl. 166 Par. gr. 1921 (2) Par. gr. 2034 Vat. Barb. gr. 84 (2) Vat. gr. 1334 (2) Vat. gr. 1339 Vat. gr. 253 Vindob. phil. gr. 134 (4) Vinodob. Theol. gr. 19
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Verknüpfte Texte
Scholien zu An. I 01 (Ambr. H 50 sup.) Scholion zu Insomn. 01, 458b 15–16 (Ambros. H. 50 sup.) Scholion zu Insomn. 01, 458b 20–22 (Ambros. H. 50 sup.) Scholion zu Insomn. 01, 458b 23 (Ambros. H. 50 sup.) Scholion zu Insomn. 01, 458b 27–28 (Ambros. H. 50 sup.) Scholion: Somn. Vig. 01, 453b27 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 01, 453b27–28 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 01, 453b29 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 01, 453b30 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 01, 454a09–10 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 01, 454b14 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 01, 454b21–23 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 02, 455a11 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 02, 455a11–12 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 02, 455a12 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 02, 455a18 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 02, 455a21–22 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 02, 455a22–23 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 02, 455a27–29 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 02, 456a10 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 02, 456a21 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 455b26–27 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 456a31 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 456a32–34 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 456b13 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 456b16–17 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 457a08 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 457a27 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 457b25–26 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 457b28 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 458a30–31 (Ambros. H 50 sup) Scholion: Somn. Vig. 03, 458a31–32 (Ambros. H 50 sup)
Bearbeitungsnotizen
G. Cavallo, ‘Scritture informali, cambio grafico e pratiche librarie a Bisanzio tra i secoli XI e XII’, in G. Prato (ed.), I manoscritti greci tra riflessione e dibattito, Florence 2000, S. 219–238 (hier: 233) erwägt, dass Laur. 87.12 aus dem 11. Jh. stammen könnte. Dies wäre auch für die Datierung des Ambr. H 50 sup. relevant, dessen Schriftstil dem des Laur. sehr ähnlich ist (den C. im selben Kontext ins 12. Jh. datiert; vgl. ibid. 232); V. Papari identifiziert in ihrer Diss. (Hamburg 2011) den Kopisten des H 50 sup. fälschlich mit dem des Laur. 87,12 (und E. Gamba scheint ihr hierin zu folgen).
Die Scholien in Ambr. H 50 sup. sind wohl nicht vom Hauptkopisten geschrieben, sondern kurze Zeit später von jenem Redaktor, der den Haupttext aufgrund eines anderen Exemplars korrigierte und mit Glossen und variae lectiones versah (z. B. ff. 141r, 141v, 142r) (so auch P. Golitsis, per mail aus Mailand, 24.01. 2015). Die tw. auf Michael von Ephesos zurückgehenden Scholien waren also wohl nicht im Hauptmodell des Ambr. enthalten, sondern in jenem Korrektivexemplar (dem Arbeitsexemplar Michaels?).
Die Scholien zu An. waren schon A. Torstrik aufgefallen (CAG-Archivalien, Ordner 57, H. 1: „Ambros. H 50 sup., perg., sec. XIII. Annotat. zu dem aristot. Text, von Philop. sowohl wie von Simpl. unabhängig, u. recht gut. Abschreiben.“ Falls eine solche Abschrift exisitiert, wurde sie unter den Archivalien noch nicht gefunden. Die Einschätzung T.s steht in Gegensatz zu seinem anderwärts gefällten Urteil über den Kommentar des (Ps.-)Simplikios als „omahaft“ [anile]).
Die Scholien zu An. machen ausgiebigen Gebrauch vom Kommentar des (Ps.-)Simplikios. Im Umfeld der Frage nach der Wirkursache der Bewegung (An. III 10) bekennt sich der Scholiast emphatisch zur platonisierenden Interpretation des Kommentators (vgl. Transkription zu 433b14; vgl. zu 433b19). Diese Exegese steht im Widerspruch zum Wortlaut des Aristoteles und zu anderen Interpretationen – auch der Alexanders – und grenzt sich implizit vom hylemorphistischen Modell ab. Im unmittelbar folgenden Scholion gibt sich der Scholiast durch sprachliche Merkmale (absoluter Akkusativ τοῦτο προσυπακουσθὲν) sowie durch pseudophilosophische Begründung für einen mit Behagen ausgeführten grammatischen Kommentar als Byzantiner zu erkennen (Transkription zu 433b15).
Kodex Par. 2034 (13. Jh.) ist nach Bloch 2008 für den Text von Sens. ein Bruder des Ambrosianus. In Par. 2034 beginnt An. auf f. 111 mit umlaufender Kommentierung, die zunächst eine Epitome aus dem Kommentar des Philoponos darstellt. Diese Epitome bricht f. 122v ab (expl. ... Δημόκριτος ἐν τούτοις μετὰ τῶν ἀτόμων σωμάτων εἰσαγαγὼν καὶ τὸ κενόν [CAG XV, p. 82,24 ad An. I 2, 404b30]). Ab f. 127v erscheinen tw. umfangreiche, nummerierte bzw. mit Verweiszeichen versehene Scholien, die wiederum aus Philop. geschöpft sind (inc. φησὶν ὅπερ κινεῖται ὑφ' ἑαυτοῦ, καὶ ἔχει τὴν κίνησιν αὐτοῦ ἐν τῆ οὐσία, οὐδέποτε ὑπὸ ἄλλου ταύτην τὴν κίνησιν κινηθείη [CAG XV, p. 109,31–32 ad I 3, 406b7]). Dieser Scholiensatz stammt (außer f. 130r) von einer jüngeren(?) Gelehrtenhand, die auch etliche Interlinearien eingetragen hat (von ihr am Anfang, f. 127 oben der Ausruf: ἁγία Θεοτόκε βοήθει μοι). Nach f. 145v (expl. An. B II, 413a15 ὥσπερ οἱ πλεῖστοι τῶν) ist ein Blatt bis auf einen schmalen Streifen im Falz herausgeschnitten – der Text fährt auf f. 146r mit B II, 413b25 οὐδέπω φανερόν fort; weitere ausgeschnittene Blätter: nach f. 149 und nach f. 150. Ab f. 151 (noch im 2. Buch) setzt auch diese zweite Annotation aus. Auf f. 202v, marg. inf. (nach dem Ende von An.) von derselben Hand noch ein isoliertes Exzerpt aus Philoponos (CAG XV, p. 159,19–22 ad 408b18), das ein Argument aus Alexander von Aphrodisias, De anima zur Vergänglichkeit der Vernunftseele referiert: ἐν τοῖς οὖσιν δύο τινὰ εἰσὶν, ὕλη. καὶ εἶδος. καὶ ἕκαστον, κατὰ τὸ ἑαυτοῦ εἶδος χαρακτηρίζεται· ἡ γὰρ ὕλη κοινῶς ὑπέστρωται πᾶσιν· οὐκοῦν καὶ ὁ ἄνθρωπος κατὰ τὸ εἶδος τὸ ἑαυτοῦ χαρακτηρίζεται· τοῦτο δέ ἐστιν ἡ λογικὴ ψυχὴ· ἀλλὰ μὴν ἕκαστον τῶν εἰδῶν φθαρτόν ἐστὶν καὶ 〈ἀ〉χώριστον τῆς ὕλης· καὶ ἡ λογικὴ ἄρα ψυχὴ φθαρτή:–
Die Scholien zu Long. / Iuv. in Ambr. H 50 sup. sind nach Wiesner 1981 Quelle der Auszüge in Oxon. Bar. 131. Stimmt das, und gilt ein solches Verhältnis auch für andere Partien? (Für Long./Iuv. gibt es Übereinstimmungen mit Laur. 87.20 und einer Quelle von Par. 1921; für Mem. und Somn. sollen die Scholien von Ambr. mit denen in Vat. 1334 übereinstimmen).
Ambr. H 50 sup. befand sich in der Mitte des 14. Jh.s wohl im Besitz des Georgios von Pelagonia (PLP 4117; ODB II, 838–839 s.v. „George the philosopher“): einige Marginalien, z.B. auf f. 2r, 52rv scheinen von der gleichen Hand zu stammen, die in Ambr. M 46 sup. von Ioannes Chortasmenos als die des Georgios identifiziert wird (vgl. Prato 1981). Wenn diese Rekonstruktion korrekt ist, waren beide Bände wahrscheinlich noch beieinander, als Kaiser Theodor Laskaris die Physik im Ambr. M 46 sup. studierte. M 46 sup. war nach Ausweis des Monogramms im Fragment des alten Einbandes zu dieser Zeit in der kaiserlichen Bibliothek der Palaiologen (Hoffmann 1985; P. Canart, Les reliures au monogramme des Paléologues 2008, 169 mit Anm. 61 äußert Zweifel an dieser Rekonstruktion: andere Handschriften mit vergleichbarer Prägung erhielten ihren Einband nachweislich in der ersten Hälfte des 15. Jh.). Später war er im Besitz des Ioannes Chortasmenos, der auf ff. 1–80v die ersten 4 Bücher der Physik mit Scholien versah (und die Schrift einiger Scholien in der Mitte des Bandes mit der Hand des Kaisers identifizierte).
Mitte des 16. Jh.s scheint Ambr. – bevor er an Ferrarius und dessen Schüler Cesare Rovida gelangte – dem Ioannes Baptista Rasarius (1517–1578) gehört zu haben, der Griechisch-Professor in Padua und Venedig war und als Herausgeber und Übersetzer von Aristoteleskommentaren hervortrat (vgl. Papari 2011, 12, die anhand von UV-Licht u. a. „Rasarius“ und „καὶ τῶν φίλων“ entziffert).